Evgen Bavčar

Evgen Bavčar

#fotografia

Evgen Bavčar è un artista concettuale, la cui fotografia si basa sul buio, e non sulla luce.

"Ricordo Zoran Mušič, che ha vissuto a lungo a Parigi, e spesso ho avuto modo di parlare con lui della luce di Gorizia e dintorni", scrive Evgen Bavčar, che ha perso la vista all’età di 10 anni. "Grazie a questa luce e alle sue opere, lui è riuscito a squarciare l'oscurità del XX secolo, quando ha dipinto gli orrori dei campi di concentramento, come nella serie 'We Are Not the Last’. Sono orgoglioso di averlo incontrato a Parigi e di avergli potuto dire che anch'io, una volta, ho visto la stessa luce, gli stessi fenomeni visivi legati al paesaggio, soprattutto a Brda, nella periferia di Gorizia o sull’altopiano Carsico."

Evgen Bavčar ha conseguito un dottorato di ricerca in Filosofia dell’arte alla Sorbonne di Parigi. È stato insignito del titolo di dottore honoris causa all'Università di Nova Gorica e all'Istituto di Studi critici del Messico, ed è stato direttore e fondatore del Laboratorio Invisibile proprio a Città del Messico. Ha ricevuto la più alta onorificenza francese con la nomina di Cavaliere della Legion d'Onore, il riconoscimento di Cittadino d'Europa dal Parlamento Europeo, e l'Ordine al Merito dalla Repubblica di Slovenia. Vive tra il suo paese natale, Lokavec, vicino ad Ajdovščina, e Parigi.

La sua fotografia si basa sul buio, non sulla luce. Il buio illuminato con una torcia, fino ad ottenere una sorta di "espressione". Come afferma lui stesso, è un artista concettuale e non un fotografo in senso stretto, perché non ha mai guardato attraverso l’obiettivo di una macchina fotografica. Per lui l'immagine deve prima esistere nella sua coscienza, e solo dopo cerca di realizzarla: questo è il suo modo per dire che anche i non vedenti hanno diritto all'immagine.

Ogni persona che pensa, pensa per immagini, e questo vale anche per i non vedenti. Gli piace parlare di immagini artistiche, e ne conosce diverse attraverso le loro descrizioni. Parla di Mušič, Pilon, Černigoj, artisti che hanno trasmesso un senso di appartenenza europeo e che avrebbe voluto partecipassero alla Capitale della cultura.

Vorrebbe toccare le mani dipinte da Veno Pilon. Così come una volta ha toccato la Venere Callipigia nel museo archeologico nazionale di Napoli.

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